domenica 26 maggio 2013

Meglio dipinto il caro estinto?

Sono sempre stato incuriosito dalla fotografia cimiteriale, non tanto e non solo per la valenza antropologica assunta dalla fotoceramica nel mostrare una fine già avvenuta. E' noto, infatti, che l'istante immobilizzato dalla fotocamera rappresenti già una forma  di morte. Quanto, semmai, dalle differenze di rappresentazione del ricordo rispetto al luogo geografico che lo mostra in immagine. In altre parole, dalla possibile classificazione in chiave sociologica - di classe? - che può essere compiuta, ad esempio, tra un cimitero urbano rispetto ad uno rurale. Non solo, già qualunque camposanto è specchio dell'ordine sociale da cui deriva. Anche nella celebrazione della morte non c'è uguaglianza. 

























mercoledì 15 maggio 2013

E' questo il punto.

Quello della fotogenia è il vero punctum della fotografia. Quando punge, lo fa a nome di quel corpo di leggi non scritte che fanno sembrare gli uomini, tutti gli uomini, filogeneticamente posseduti dall'ossessione per la catastrofe e tali da essere costantemente attratti soltanto dal dolore degli altri. Scongiurare il proprio, come se bastasse non trovarsi nel fuoco dell'inquadratura disgraziata ne allontana, ma non esclude, l'incubo. Così che, il dovere della testimonianza non fa altro che compiacersi dell'istante tragico, considerando la normalità elementare del benessere priva di ogni valore informazionale. La fotogenia, dunque, altro non è che lo specchio su cui si riflette incessantemente la nostra azione di uomini tra uomini. Mentre le cose accadono.

lunedì 13 maggio 2013

Post-fotografia.

Da pratica amatoriale d'élite ad indistinto fenomeno di massa è il percorso storico della fotografia - in quanto sistema, linguaggio e cultura visuale condivisa - che attraversa un ventennio. Quello appena trascorso, ma che soltanto negli ultimi anni ha manifestato la potenza dell'epidemia, fortificata dalla logica del flusso in tempo reale delle stringhe digitali. La conversione in numeri dell'apparenza analogica, unita alla capacità tecnologica di trasmetterne la consistenza hanno portato, nel giro di un breve volgere, al radicale mutamento dello statuto ontologico della fotografia. La post-fotografia è la lingua universale del Mondo interconnesso, ma non pacificato. Paranoie e grida di dolore si mescolano milioni di volte al giorno per altrettante coscienze in cerca di speranze. A qualcuno può tornare utile e vantaggioso, ad altri stimolare l'intelligenza, ad altri ancora smarrire l'identità. A tutti, guardarsi in faccia. Volendolo.